Momo è una meravigliosa graphic novel creata dall’ingegno di Jonathan Garnier e dalla talentuosa mano di Rony Hotin. Anzi vorrei fare una precisazione: parlare di talento e ingegno è riduttivo, perché dietro ci sta un grande lavoro di formazione ed esperienza.
Jonathan Garnier dopo aver lavorato come grafico e illustratore diviene direttore editoriale ed artistico della collana Étincelle presso Ankama Editions;
Rony Hotyn, invece, dopo essersi specializzato in cinema d’animazzione al Lycée Techinque des Arts et Métiers du Luxembourg; in computer grafica 3D all’Emca di Angoulême e alla Ecole de l’image Gibelins, ha successivamente lavorato per quattro anni nella Disney mentre portava avanti progetti personali.
La graphic novel Momo in Francia viene pubblicata nel 2017 in due volumi (tomi) presso la casa editrice Casterman – ricevendo nel corso degli anni molti premi – e finalmente grazie alla Tunué dal 25 giugno 2020 possiamo godere anche noi questo magnifico fumetto.
Ambientato in un piccolo villaggio di pescatori in Normandia, Momo è cresciuta nelle caldi cure della sua nonnina: della mamma nessuna notizia dopo che l’ha abbandonata e il papà sta sempre in mare perché lavora su un peschereccio.
Già dalle prime pagine si intuisce che questa graphic novel è di una qualità superiore rispetto alla media dei romanzi disegnati in circolazione. E così bello, carico di emozioni e ben raccontato che non ho potuto non piangere nel leggerlo.
Una storia così sensibile nel raccontare il punto di vista della bambina da rendere la graphic novel un’esperienza piacevole e speciale. Momo si aggiudica sia il consenso della critica che dei lettori.
Chi l’ha letto lo giudica in modo estremamente positivo, e per quanto possa contare la mia valutazione, non posso che accodarmi. Anche se è una storia per ragazzi, gli adulti trovano piacere nella lettura poiché porta il lettore a vivere una marea di emozioni: gioia, spensieratezza, nostalgia, tristezza…
La narrazione, si accorda perfettamente alla grafica utilizzata. Le tavole sono splendide, il colore sostiene la linea fine. I personaggi ben studiati sono molto espressivi. I disegni ricordano i personaggi di Miyazaki. Però su questo argomento Hotin sostiene:
“Nell’animazione, ci viene insegnato a essere veri camaleonti, a immergerci in una storia, a visualizzare l’obiettivo e a decidere quale stile servirà meglio, le intenzioni principali. Essendo Momo una storia che mi ha anche riportato alla mia infanzia, è stato impossibile per me creare il suo universo grafico e sviluppare la sua messa in scena senza pensare alla moltitudine di serie animate con cui sono cresciuto. Quindi no, non assomiglia a Ponyo di Miyazaki…”.
E poi aggiunge
“Ma capisco perché Momo ricorda Ponyo. Come lei, è una bambina dai capelli rossi con un personaggio forte che vive in riva al mare: Momo aveva i capelli marroni nei miei primi schizzi ma il suo personaggio non è emerso abbastanza. Quando l’abbiamo resa rossa, ci siamo detti: “Ecco! La teniamo. Non importa se il pubblico si collega a Ponyo, conosciamo la nostra Momo e cosa vogliamo farci.”