Se tutti gli eventi musicali si organizzassero con l’accortezza e la cura usata da chi ha messo in piedi il Color Fest 2020 non perderemmo giorni e giorni a dibattere di come il Paese può far rialzare il settore e di come, soprattutto, si possono evitare contagi fra chi all’evento partecipa.
Color Fest e sicurezza
Senza nulla togliere a nessuno dei musicisti in cartellone in questa ottava edizione, la vera protagonista del Color Fest 2020 è stata la sicurezza.

Le importanti misure (molto sostenibili e non invasive), adottate da Mirko Perri e da tutti i componenti dell’associazione “Che cosa sono le nuvole” hanno reso tranquillo e godibile il festival che dal 2012 va in scena nel lametino.
Certo, il numero dei partecipanti è stato ridotto di moltissimo rispetto alle edizioni passate ma quelli del Color Fest, tutte le anime del Color Fest, hanno dimostrato come, con un sacrificio collettivo di organizzatori, manovalanze, artisti e pubblico, ripartire è possibile.
E non a caso il claim dell’edizione 2020, tenuta nel suggestivo agriturismo Costantino di Maida, è stato “Ricomincio da te”.
Il Color Fest che ha ricominciato da te
Già, da te. Che poi questo “te” è un grande io collettivo. Un io che si assume le proprie responsabilità e fa un passo indietro per permette a “te” di godere di uno spettacolo.
Le difficoltà ci sono state. Il secondo giorno del Color Fest è stato caratterizzato dalle ordinanze che hanno chiuso le discoteche del Paese dove il pubblico ha dimenticato mesi e mesi di Covid.
Lo hanno dimenticato anche gli organizzatori di quegli eventi e chi dentro quelle discoteche affollate si è esibito.
Nervi saldi per la truppa del Color, contatti con le istituzioni, dimostrazione tangibile di aver creato un modello di evento sostenibile al tempo del Coronavirus e tutto è filato liscio.
Le migliaia di spettatori che hanno caratterizzato le sette edizioni precedenti ritorneranno nel 2021. Per ora va bene, benissimo, ricominciare così.
Tutti i colori del Fest
Due stage: uno su prato con obbligo di stare seduti sui plaid e distanziati dalle bandierine, l’altro con palco grande e sedie per godersi i quattro concerti serali spalmati nelle notti del 12 e 13 agosto.
Saltata, per i motivi che tutti noi conosciamo, la partecipazione di Iosonouncane, anticipata a febbraio, l’organizzazione del Color Fest ha messo in piedi un evento che ha mantenuto gli standard di qualità ai quali ci ha abituato: nuove proposte della musica italiana emergente, artisti locali ma conosciuti fuori dai loro confini e “nomi forti”.
Senza offesa per nessuno, i “nomi forti” del Color Fest 2020 sono stati il duo Colapesce–DiMartino e Giovanni Truppi.

I due siciliani, che si sono esibiti la prima sera, possono essere considerati due bei figliocci del maestro Battiato senza avere la pretesa e la volontà di scimmiottarlo.
La loro “Luna araba”, che in versione radio vede il featuring della cantantessa Carmen Consoli, richiama suoni, parole e atmosfere che il Maestro apprezzerebbe.
Il palco Cuzzocrea e il pic nic
Il 13, sul main stage intitolato alla memoria del giornalista Stefano Cuzzocrea, Giovanni Truppi e le parole della sua generazione e del suo tempo si sono presi la scena. Vicino a Truppi, a sorpresa, è comparso Dario Brunori che al Color Fest è da sempre di casa. “Procreare” è stato il loro duetto.

E poi? Beh, e poi c’è stato tanto altro: Legno, Pop X, Flavio Giurato, Agnus Dei, Fadi, Toru, Praino, Bars Bars Bars, Yosonu, Al the Coordinator, Marinelli, Le cose importanti, Piove, Mivà e i dj set di Fabio Nirta.

Il Color Fest 2020 è stato anche l’occasione per celebrare Mirko Bertuccioli (scomparso a soli 46 anni ad aprile), e i Camillas. Un ricordo passato dalle parole e dalle canzoni di Ruben che, intervistato da Ester Apa e Armando Canzonieri, ha presentato La musica del futuro.
I plaid e le sedie sono stati rimessi al loro posto. Il Color Fest adesso aspetta che si possa tornare tutti in piedi nel 2021. Ma, intanto, ha dimostrato che un altro evento è possibile.