Økapi, rappresenti i massimi vertici italiani dell’arte del cut-up e del turntablism, alcune delle pratiche sicuramente ricorrenti nell’evoluzione artistica del Novecento. Quale metodo segui per la creazione della tua musica? E che relazione esiste tra idea e provenienza del suono?
“Devi sapere che la mia attività di cut-up avviene anzitutto mentalmente. Quando ascolto un brano, anche in modo distratto, per esempio mentre guido, una parte di me evidenzia subito la presenza di frasi o combinazioni di suoni di mio interesse. Questo è motivo sufficiente per il ritaglio. Un tempo, in particolare quando la mia attività era legata in modo quasi esclusivo al plagiarismo, accumulavo hard-disk di suoni. Cercavo di catalogarli per singoli timbri e ritmiche. Ora mi sono accorto che per comporre mi basta veramente poco: il mio gioco è simile a quello di un bambino che sparge un po’ di lego sul tappeto e inizia a giocare e costruire con quelli verificando possibilità di costruzione sempre inedite.”
Pardonne-Moi & Opera Riparata
Prima di parlare del tuo nuovo disco in uscita il 9 ottobre, ci piacerebbe avere qualche chiarimento sulle tue opere pregresse.
Partirei da Pardonne-Moi, Olivier , un disco in cui evidente è l’omaggio a Olivier Messiaen e agli uccelli. Come è nato questo progetto?
“A posteriori posso dire che questo disco nasce dopo un viaggio in Centro America, tra Guatemala, Nicaragua, Costarica e Panama. Lì le mie orecchie si sono riempite di versi e canti degli uccelli. Con questa sottotraccia il passo verso Olivier Messiaen, musicista che ho sempre amato pur riconoscendolo distante da me, è stato naturale: Messiaen è noto come ornitologo della musica; ha cercato di trascrivere su pentagramma i canti degli uccelli. Ripartendo dalla sua musicografia, altamente sminuzzata, con innesti sonori contemporanei e un gusto elettronico, ho omaggiato a mio modo il musicista.”
Con Opera Riparata, invece, c’è il tentativo di rendere la tua musica umana, seppur fittiziamente, con la Aldo Kapi Orchestra. Da dove arriva questa esigenza? Cosa significa e cosa è significato per te questo lavoro?
“Opera Riparata è un disco a cui sono molto affezionato. A differenza degli altri nasce commissionato dalla famiglia Munari. Negli anni Ottanta Bruno Munari e Davide Mosconi avevano presentato un progetto di decostruzione ludica dell’opera lirica in tutte le sue componenti: libretti, costumi, scenografie. Il progetto era destinato alla Scala. Ma non venne mai realizzato. La sfida è stata decostruire la lirica con le tecniche della composizione digitale. Ha significato per me avvicinarmi ad un mondo sonoro per il quale avevo delle resistenze. Aldo Kapi invece è il mio alter-ego, fantomatico direttore della mia orchestra di samples sonori: l’invenzione nasce con l’album Love him. “
Otis – Vertical Tales
Parliamo ora di Otis – Vertical Tales, il tuo nuovo album in uscita il 9 0ttobre, accompagnato da un libro di illustrazioni, anch’esso con la tua firma. Per quale motivo hai deciso di omaggiare Otis Elisha Graves? Quale ruolo e compito hai voluto assegnare all’ascensore?
“Otis… Otis… salendo in vari ascensori vedevo sempre questo logo. Sono un curioso di natura. Amo le storie. E quella di Otis Elisha Graves, noto come l’inventore dell’ascensore, mi ha affascinato quando ho letto che presentò la sua invenzione in forma spettacolo. L’ascensore è ai miei occhi il veicolo più popolare per viaggiare. Cioè per spostarsi in altezza. Io l’h inteso come un camera mentale e immaginaria, un dispositivo usato nella letteratura e nel cinema per infinite narrazioni. Sono entrato anch’io in questo ingranaggio con suoni e immagini.”
I piani sono 15, e il tuo ascensore è l’unico a salire e scendere. Chi è il sicuro fruitore del tuo ascensore?
“I piani sono 15 ma non per forza dello stesso palazzo. Il tragitto da un piano all’altro varia in durata, in lunghezza. Ho incontrato in questo viaggio, di cui io per primo sono fruitore, gli ascensoristi. E delle loro storie, dei pochi rimasti, mi sono appassionato. Su questo ascensore possono salire tutti. Non ci sono età precluse. Si può scendere quando si vuole, d’altronde, a seconda dei gusti e della propria sensibilità.”
Questo disco mi è sembrato una suite. È come se ogni brano non possa escludere l’altro per essere completo. Otis – Vertical Tales, può essere pensato come un viaggio a tappe da cui poter ritornare solo dopo esser arrivati al quindicesimo piano?
“Hai toccato un punto importante. Ho composto le tracce (alcune sono molto brevi) come parte di un’unica composizione. Dall’ascensore si può scendere quando si vuole, dicevo… ma spero che il viaggio possa essere apprezzato nel suo intero”.
Grazie mille, Økapi. In bocca al lupo!